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SIC “M. Cornoviglio – M. Fiorito – M. Dragnone” /1

Percorso n°1: Casoni – Monte Cornoviglio

Percorso essenzialmente di crinale, che decorre parallelo alla Via Regia, che permette di raggiungere la punta più significativa del crinale spartiacque Vara-Magra, il Monte Cornoviglio.

Si parte in località Casoni, lasciandosi alle spalle la vetta del Civolaro.

Verso valle ampie aree prative separano dalla dolce prominenza della Gruzza di Veppo, interessate dall’antico rimboschimento a conifere.

Le resistenti rocce serpentinizzate emergono nei confronti dei più cedevoli calcari.

La strada sterrata procede sul versante ovest della montagna, caratterizzato da pascoli abbandonati; la mancanza di copertura arborea (che si ritrova invece sul versante Val di Magra) favorisce l’insorgenza di movimenti franosi.

Negli impluvi compare il salicone.

Siamo sull’Alta Via dei Monti Liguri, tappa 41 “Valico di Casoni – Passo Alpicella”

Lasciata la Via Regia (lo sterrato) per il sentiero di crinale, il percorso inizia a salire.

Il paesaggio vegetale è caratterizzato dai boschi di betulle, probabilmente i più estesi in provincia della Spezia.

Gli amenti maschili della betulla.

Le persistenti foglie morte del sorbo montano testimoniano della sua ampia diffusione nel piano montano.

Superata un’antecima si scorge il tratto finale della dolce ascensione. Nella stagione invernale il giallo-marrone del paleo è interrotto dalle macchie verdi della ginestra dei carbonai.

Il Cornoviglio segna, con la sua mole ed il caratteristico profilo spezzato, le numerose vallate che si sviluppano in entrambi i versanti. È intuibile l’ampio sguardo che si offre percorrendo il suo crinale;  in questo caso la valle di Calice, con le sue frazioni.

Dalla vetta lo sguardo si allarga a comprendere il Golfo della Spezia.

Sul versante opposto la Val di Magra.

SIC “Zona carsica Pignone”

Percorso: Pignone – Castellaro

L’accesso è lungo la provinciale per Levanto-Monterosso all’altezza di Pignone

L’area è attrezzata con percorsi e pannelli  informativi

Una breve deviazione permette l’accesso alla Grotta Grande di Pignone.

La strada in direzione est aggira il crinale e sale dolcemente permettendoci di attraversare tutta l’area carsica.

Il sottobosco del castagneto è tipicamente caratterizzato dalla presenza dell’agrifoglio.

Risalendo verso il crinale si attraversa un’ampia area caratterizzata dai fenomeni carsici epigei, ovvero le manifestazioni esterne del carsismo, la cui azione morfogenetica si esplica invece principalmente in sotterraneo

Si realizzano le condizioni più favorevoli per felci e muschi.

I rari massi calcarei privi di “mantello” di muschi manifestano chiaramente al riguardo dell’azione corrosiva delle acque

Tipiche le formazioni a “campi a massi”; la permeabilità del terreno favorisce le specie arboree xerofile, quali il leccio.

Altro fenomeno caratteristico quello delle doline, cavità livellate dai depositi detritici,dotate di una certa fertilità, sfruttata a fini agricoli in passato, ora favorevole allo sviluppo del bosco d’alto fusto

Proseguendo sul crinale si esce dalla zona a morfologia carsica

Singolare la presenza del sorbo montano anche a basse quote in associazione con il castagno ed il pino marittimo

Per realizzare il nostro anello abbandoniamo il sentiero per il Malpertuso e ci dirigiamo al Ponte dell’Acquedotto

Il substrato varia: in questo caso è evidente la natura arenacea

Il castagneto in questo tratto  insiste su antichi terrazzamenti

La pineta anche qui non è esente dai danni del Matsocossus

Condizioni microclimatiche locali determinano la presenza di piante della macchia, in questo caso con presenza di ginestrone

Lungo il Torrente Pignone sono evidenti i segni dell’alluvione

Al Mulino Calzetta interventi di ripristino delle vasche fanno parte di progetti di recupero degli habitat per gli anfibi, a cura dell’Ente Parco Montemarcello Magra, come anche le aree di sosta

Una delle fornaci che si incontrano lungo il percorso

L’arrivo, poco distante dal punto di partenza è la Grotta della Fornace, di nuovo sul fondovalle.

SIC “Zona carsica Cassana”

Percorso: Cassana – Monte Perina – Faggiona

Il sentiero parte dalla strada che collega Cassana a Faggiona. La parte bassa e più umida ospita un castagneto ceduo.

Risalendo il versante si passa nella pineta a pino marittimo

Il sottobosco, oltre alla stipa dominante, presenta anche Calluna vulgaris.

Le colate di resina rappresentano uno degli effetti del deperimento dei pini a seguito dell’attacco parassitario della cocciniglia Matsucoccus feytaudi.

La pineta rappresenta ancora una importante risorsa trofica per le popolazioni di roditori.

Frutti di corbezzolo mangiati dagli uccelli.

Risalendo il crinale il castagneto diventa dominante.

Le galle del cinipede che sta infestando i nostri castagneti

Tracce del passaggio del fuoco.

Nella parte più elevata del crinale compaiono anche le querce costitutive del bosco autoctono: a seconda delle condizioni microclimatiche può trattarsi di leccio, o roverella o cerro.

Quando la salita spiana il sentiero si tramuta in sterrata. I boschi, facilmente raggiungibili, diventano in prevalenza cedui.

Si lascia quindi il crinale principale per scendere nella valle di Faggiona: qui il castagneto è particolarmente degradato e numerose piante risultano sdraiate.

La vecchia mulattiera per Faggiona

Oliveti in prossimità del paese.

SIC “Torrente Mangia”

Percorso: Mangia – Torrente Mangia

L’itinerario parte dal borgo di Mangia, posto in posizione perifluviale.

Il tratto prospiciente  il paese risulta stravolto dall’alluvione del 21 ottobre 2011 e dalle successive sistemazioni idrauliche.

Risalendo il fiume si ritrovano sponde vegetate; ontani neri con rami aggettanti sulle acque: la funzione di ombreggiamento è tra le più importanti nel mantenere condizioni idonee alle acque di qualità.

Gli ontani in alveo interagiscono con la corrente creando variazioni idrauliche, quindi morfologiche, quindi ecologiche.

Un importante ambiente umido è rappresentato dalla gora che alimenta il mulino di Mangia

La gora (qui con un ricco corredo di specie igrofile in cui domina Carex pendula) rappresenta un habitat di elezione per le specie anfibie, in particolare rane.

Seguendo la gora a ritroso si torna verso Mangia, attraverso un bel sentiero tra muri a secco costruiti con le pietre del fiume.

La gora arriva ancora ad alimentare il mulino, anche se non più attivo.

SIC “Rio di Colla”

Percorso: Ponte della Macchia – Rio di Colla

Il percorso inizia dal Ponte della Macchia, in sponda destra

Si percorre la sponda del fiume: ontani neri e carpini neri rappresentano le specie arboree prevalenti.

Il Vara alterna tratti a letto ampio e acque lente a rapide.

Tra gli ambienti più interessanti le aree alluvionali che fanno da golena: ospitano boschi di latifoglie mediamente igrofile: carpini e aceri campestri in prevalenza.

Carpino nero

Bucaneve (Galanthus nivalis)

Il Rio di Colla nei pressi della confluenza con il Vara.

La prima cascata che si incontra risalendo il corso d’acqua.

La valle si risale in sponda sinistra, tra castagneti, boschi di cerro, spesso con sottobosco a pungitopo.

Al castagno si associa spezzo l’agrifoglio.

In più punti si può riguadagnare il fondo valle; se non si vuole risalire l’intera valle la meta finale dell’escursione può essere la confluenza con un torrentello in sponda destra, punto dove si susseguono una serie di cascate.

SIC “Rio di Agnola”

Percorso: Ponte Trambacco – Torrente Agnola – Carro

La partenza è dal ponte Trambacco, dove transita l’ampio percorso Anello Natura

L’Agnola è un affluente del Trambacco, e nel primo tratto la sponda sinistra risulta alterata da una pista che porta ad una zona di esbosco.

Ben presto la valle diventa stretta e ripida.

Per superare il tratto si risale sulla costa, in area di cerreta.

La valle risulta particolarmente occlusa ai raggi del sole, ed i carpini del ripido versante che sovrasta il torrente denotano le condizioni di massima umidità.

Proliferano muschi e licheni

Quando il fondovalle si apre anche il sentiero raggiunge il piano: dominano carpini (in prevalenza bianchi: Carpinus betulus) e, nello strato erbaceo, le felci.

Frutti ed infiorescenze di carpino bianco.

Si percorre il lungofiume, realizzando più di un guado

In alcuni punti si trovano aree golenali particolarmente interessanti, dove si sviluppa un bosco mediamente igrofilo con prevalenza di carpino bianco e acero campestre.

Nel corso d’acqua, praticamente inalterato, si alternano tratti ad acque calme ed altri caratterizzati da rapide e piccole cascate; si determinano una varietà di habitat idonei ad ospitare fauna ittica e anfibia.

Nella aree perifluviali è ben distribuito Euonymus europaeus, la cosiddetta berretta da prete

La strada sterrata che dal fiume riporta al crinale in sponda destra.

Il castagneto ceduo occupa antichi terrazzamenti abbandonati da tempo.

Il gradiente termico nella stretta valle dell’Agnola è praticamente invertito, con temperature mediamente più basse nella parte bassa e più elevate mano a mano che si sale ed il versante si apre. Il leccio ad esempio compare sulla mezzacosta.

In prossimità di Carro

Per chiudere l’anello si utilizza il percorso di crinale, tendenzialmente esposto a sud ovest.

Antiche sistemazioni agrarie.

Insistono ancora alcuni castagneti da frutto.

SIC “M. Serro”

La partenza dal “lungofiume” di Deiva.

La foce del Torrente Deiva.

In questo tratto il SIC coincide con l’area appartenente all’ex Parco Regionale “Monte Serro Punta Mesco”

Il tratto iniziale si snoda in salita, in mezzo alla macchia alta dove dominano leccio e corbezzolo

In autunno inoltrato le infiorescenze di corbezzolo sfioriscono, contemporaneamente alla completa maturazione dei frutti dell’anno precedente.

Ginestra spinosa

La macchia non troppo sviluppata in altezza permette ampie vedute sul mare.

Lavanda selvatica

Frutti di Cistus monspeliensis

Punto panoramico su Deiva Marina

L’erosione superficiale crea ambienti idonei alla presenza delle piante aromatiche, come l’elicriso.

Nei punti meno esposti e/o dove il suolo è più maturo e quindi umido prevale il sottobosco a brugo.

Arrivati in vetta ricompare il castagneto. Sempre misto alla pineta.

I coltivi in questo tratto rappresentano piccole isole nel mare della vegetazione spontanea.

Dalla località Casa Serra si diparte una ampia strada sterrata in direzione Framura.

Si transita per un lungo tratto in ambiente di macchia: compare anche la fillirea.

Ruta

Per ampi tratti la macchia caratterizza il paesaggio e l’ambiente.

Nello sfatticcio determinato dalla presenza della strada si creano le condizioni idonee per l’euforbia spinosa

A circa metà strada la deviazione per Punta Apicchi

Vi si trova un’area picnic

Il ripido versante vede anche la presenza di euforbia arborea

La pineta, sebbene attaccata dal Matsucossus, è ancora discretamente rappresentata.

La presenza di giovani piante di roverella testimoniano della vegetazione autoctona che andrà nel tempo a sostituire le pinete oltremodo diffuse.

Arrivati alla strada asfaltata per Framura si preferisce salire ancora un poco per raggiungere il nucleo di Costa.

Le frazioni litoranee di Framura

Da Costa una piacevole scalinata ci conduce verso la Stazione ferroviaria.

L’ultimo tratto del percorso, quasi al mare giunti.

SIC “Guaitarola”

Percorso: Castagnola – Tre Fontane – Foce dei Vaggi

Il SIC comprende la parte alta del versante mare del massiccio del Monte Guaitarola.  Pur nella sua sostanziale unitarietà, vi si trova una varietà di ambienti in relazione al variare del substrato litologico e della presenza notevole di acque superficiale.

L’avvio ideale del percorso è dall’abitato di Castagnola.

La parte iniziale segue la strada per Tre Fontane.

Il sentiero è vario: all’inizio si attraversano colture abbandonate in fase di colonizzazione da parte dell onnipresenti acacie; in alcuni tratti (foto) le roverelle rivendicano i loro diritti di specie originarie; quindi si procede in ambiente di pineta a pino marittimo.

Nelle parti più riparate l’alto tenore di umidità determina una vegetazione lussureggiante.

In località Tre Fontane convergono diversi affluenti, da cui la ricchezza d’acque.

Il noce secolare di Tre Fontane

Per realizzare l’anello previsto in senso orario al bivio sopra Tre Fontane prendiamo il sentiero in direzione ovest, verso località Montebello. L’esposizione favorevole seleziona per una vegetazione con caratteri più mediterranei; prevale Erica arborea come sottobosco di una rada pineta; compare anche il ginestrone (Ulex euopaeus)

Dirigendosi verso la cava si attraversano spazi pianeggianti, pascoli in gran parte riconquistati dai tipici arbusti caducifogli prugnolo e biancospino.

Proprio ai piedi della cava il substrato pianeggiante e impermeabile favorisce la ramificazione delle acque superficiali, con creazione di un interessante habitat umido dominato, nello stato arboreo, dall’ontano nero.

Dove le acque non presentano ruscellamento si sviluppa in quantità Iris pseudoacurus

Vi è anche la presenza di sfagno.

Per percorrere l’anello previsto occorre tornare indietro e prendere la sterrata sulla sinistra che sale dolcemente tra castagni e pini marittimi.

Arrivati quasi alla strada asfaltata si possono ammirare imponenti affioramenti di serpentinite; le condizioni di luce e aridità favoriscono la presenza, oltre che del pino marittimo, anche delle piante di macchia mediterranea, nonché del leccio.

Per chiudere l’anello, arrivati a Foce di Vaggi, si prende il sentiero per Tre Fontane, dapprima in ambiente di pineta, quindi di castagneto.

Nel piano arbustivo dominano la stipa ed il corbezzolo.

Quando i canali (come il Fosso di Vaggi) incontrano tratti planiziali, l’ampliamento del letto ed il rallentamento della corrente favoriscono lo sviluppo di vegetazione igrofila; nello strato arboreo ciò si traduce nello sviluppo di boschetti di ontano nero. La particolare diffusione di questa tipologia forestale, tra l’altro, conferisce al comprensorio un notevole valore ecologico.

SIC “Gruzza di Veppo”

Il percorso si snoda in massima parte all’interno della Pineta di Suvero, rimboschimento storico di Pinus nigra realizzato a fine anni ’20 per stabilizzare e migliorare i terreni caratterizzati dal substrato serpeniticolo. La contiguità con le aree a pascolo e/o sfalcio dei Casoni e le radure interne creano contesti di eterogeneità ambientale che determinano un arricchimento in termini di biodiversità. Notevole anche l’interesse paesaggistico.

L’itinerario ha inizio esattamente dove la strada da Suvero per i Casoni incontra la pineta, in prossimità di una fontana e di un tavolo con seduta.

Diradamento in pineta: le tecniche silvicolturali prevedono piani di diradamento, finalizzati soprattutto a permettere l’ingresso di specie autoctone in sostituzione delle conifere, a suo tempo impiantate per la loro capacità di attecchimento ed adattamento al suolo estremamente povero oltre che con composizione ultrabasica.

 

La radura che si incontra nella parte iniziale del percorso: spazi aperti, arbusti isolati, siepi, macchie, alberi di latifoglie al confine con la pineta, compongono un mosaico ambientale che determina una ricchezza di habitat idonei ad una pluralità di specie animali.

All’interno del bosco il torrente è un ulteriore elemento di eterogeneità ambientale: in questa immagine si nota che l’apertura  di luce determinata dal letto relativamente ampio favorisce lo sviluppo di latifoglie come il nocciolo, ma anche e soprattutto (in relazione all’habitat) di ontano nero.

 

Il sentiero nella parte iniziale si mantiene sulla fascia di confine tra radura e pineta a Pinus nigra.

Rimboschimenti successivi a quello iniziale hanno introdotto anche esemplari di abete bianco.

 

Si prosegue su una bella strada forestale lastricata. Una volta entrati nel fitto della pineta il paesaggio diventa uniforme: la fittezza del bosco, sebbene le rade chiome dei pini filtrino solo relativamente la luce, impedisce l’ingresso alla maggior parte delle specie arboree ed arbustive. Occorrerebbero interventi di diradamento atti a favorire l’evoluzione verso il bosco di latifoglie.

La natura fa comunque il suo cammino, per cui individui morti per varie cause, attivato un processo di degradamento fisico e decomposizione chimica, restituiscono le risorse da loro accumulate agli organismi della catena del detrito, tra cui numerosi funghi.

Un lento processo di sostituzione è quindi già iniziato: oltre a carpini, ornielli, aceri, anche le querce caducifoglie, che nel piano montano in cui ci troviamo sono principalmente rappresentate dal cerro.

Ponendosi con lo sguardo lungo l’asse monte-valle si percepiscono le linee di impianto dei pini: nel fitto del bosco gli esemplari sono esattamente quelli impiantati negli anni ’20, con una bassa capacità quindi di propagazione ma con un notevole successo di crescita (bassa moria degli esemplari).

L’omogeneità del bosco è interrotta in alcuni punti dagli affioramenti di serpentiniti: si tratta di rocce relativamente resistenti all’erosione, motivo per cui i suoli risultano poco maturi.

 

È questo l’habitat idoneo alla presenza delle specie vegetali serpentinicole, idonee cioè a sopportare l’alta concentrazione di metalli (es. ferro, manganese, nichel) del terreno. In questo caso Euphorbia spinosa.

Anche la pineta rappresenta una risorsa alimentare, ad esempio per i roditori come lo scoiattolo. Anzi, in relazione alla moria del Pinus pinaster, le pinete a Pinus nigra possono rappresentare siti importanti per la sopravvivenza delle popolazione locali.

All’uscita della pineta, in località Ghiacciarna si incontra la strada che collega i Casoni al territorio di Calice al Cornoviglio. La strada rappresenta un triplice confine: separa la pineta dagli spazi aperti dei pascoli dei Casoni, il substrato a serpentiniti da rocce prevalentemente calcaree (si notino gli affioramenti chiari nell’immagine), e rappresenta anche il limite del SIC “Gruzza di Veppo”.

Per realizzare un anello, tornando al punto di partenza, occorre utilizzare la strada asfaltata per Suvero, che attraversa uno splendido paesaggio che fa da contraltare, anche dal punto di vista ecologico, all’ambiente chiuso della pineta della Gruzza (sullo sfondo nella foto).

Arrivati in località Cuccaro, la strada asfaltata taglia rettilinearmente la pineta, portandoci direttamente in località Torricella, da dove siamo partiti. Mantenendosi invece sulla destra e percorrendo il limite della pineta (all’altezza del campo di calcio) possiamo allungare la passeggiata, in pratica circumnavigando il rimboschimento e rientrando alla base attraverso la sterrata che si collega per l’appunto da ovest alla carrozzabile. Nella foto: l’imponente massa del Civolaro.

SIC “Monte Antessio – Chiusola”

Le due facce del Monte Antessio: tra luminosi pascoli e ombrosi boschi 

Si tratta di un breve itinerario ma tra i più interessanti dal punto di vista paesaggistico, dove si tocca con mano l’eterogeneità ambientale che si realizza attraverso le attività rurali. Si attraversa infatti un territorio completamente governato dall’uomo che, confinando con aree invece del tutto naturali (i boschi e le rupi del versante occidentale), acquisisce anche un valore naturalistico per la varietà di ambienti interconnessi che si vengono a creare.

Si può partire dal Passo del Rastello, all’esatto confine tra Liguria e Toscana, lungo lo spartiacque Vara-Magra; più precisamente lungo il percorso che collega Sesta Godano con Zeri. Il nostro tragitto coincide con un tratto dell’Alta Via dei Monti Liguri, per cui anche la segnaletica facilita l’orientamento.

Lungo l’Alta Via al Passo del Rastello

Il Passo, dal versante ligure verso quello zerasco

Il primo tratto di percorso è abbastanza dolce ed attraversa pascoli ancora fortemente utilizzati: solo gli spinosi arbusti di biancospino e prugnolo emergono dai verdi tappeti erbosi. Rappresenta anche l’habitat di specie di orchidee di interesse.

Pascoli al Rastello

Frutti di biancospino

Le forme del pendio, dolci e varie, risentono infatti delle caratteristiche di modellamento del substrato geologico, che in questo tratto corrisponde prevalentemente ad argilliti, a cui sono intercalati calcari (appartenenti alla formazione “Calcari di Groppo del Vescovo”) che emergono spesso a punteggiare di bianco il verde dei pascoli. Ad una osservazione ravvicinata è possibile apprezzare le forme finemente erose della roccia calcarea, testimonianza del fenomeno carsico sotterraneo.

Calcari con evidenti forme di erosione carsica

Il fine modellamento del substrato ad argilliti determina dolci pendii vocati all’attività di pascolo

L’obiettivo è quello di raggiungere la sommità del Monte Antessio, e bisogna quindi salire per l’erto versante, utilizzando come linea di riferimento quella della recinzione che separa le aree a pascolo dal bosco di conifere. Qui il terreno è meno idoneo al pascolo, ed i pochi armenti rimasti, potendo scegliere, hanno nel tempo quasi abbandonato le zone più acclivi; queste vengono quindi colonizzate dalle specie pioniere, qui rappresentate in prevalenza da ginepro, ginestra dei carbonai e rosa canina.

Il confine con il rimboschimento a conifere

Versante ricolonizzato dalla vegetazione spontanea

Arrivati in cima al crinale, costituito da una dolce gobba pianeggiante, diventa veramente piacevole seguire la traccia della staccionata di confine, sempre al centro di pascoli, qui utilizzati prevalentemente da cavalli. Dal crinale si aprono splendide visuali, specialmente sulla Val di Vara.

Il crinale che porta al Monte Antessio

Dal crinale si traguardano le catene montuose della Val di Vara: in primo piano la valle del Torrente Gottero e la piana di Sesta Godano

Il sentiero prosegue sul crinale ed entra quindi nel bosco; ancora all’esterno si percepisce la doppia natura di questa foresta: in parte derivata dai rimboschimenti a conifere (in prevalenza abete bianco – Abies alba – e pino nero – Pinus nigra), in parte costituita da faggi (Fagus sylvatica). Il sentiero, una volta all’interno, percorre l’ideale confine tra i due tipi di boschi: specialmente di inverno la differenza è macroscopica, con le piante caducifoglie che lasciano filtrare la luce sino al suolo, a fronte dell’ombrosità perenne del bosco di conifere.

Il bosco sul crinale, con i faggi dorati ad interrompere la continuità degli abeti bianchi

Il sentiero nel bosco

Ruolo fondamentale nel determinare variazioni delle condizioni ecologiche  all’interno dell’omogeneo habitat forestale la hanno le radure: si realizzano così “ambienti di confine” (i cosiddetti “ecotoni”) permettendo così l'”ingresso” ad altre specie vegetali e animali; una testimonianza ben visibile: i giganteschi formicai che trovano proprio le condizioni più idonee al confine tra bosco e radura.

Formicaio

Ancora nel bosco, il sentiero inizia a scendere lungo il versante nord dell’Antessio, ed in breve si giunge ad una sella, denominata Aia del Marchese, in prossimità della quale si trova anche la deviazione per Antessio paese, che noi tralasciamo. L’Aia è un ottimo punto di sosta e di osservazione tanto sul versante ligure, quanto su quello della Val di Magra.

L’Aia del Marchese

La vista sul versante ligure: in primo piano la valle del torrente Adelano con sullo sfondo il massiccio del Gottero; il paese sulla sinistra è Chiusola

La vista sul versante di Zeri

Dal punto di osservazione privilegiato costituito dall’Aia del Marchese si percepisce la posizione strategica del Monte Antessio, quale luogo di confine (sia reale che emblematico) tra il mondo dei versanti acclivi e boscosi del versante occidentale, e quello dei pascoli appoggiati su dolci declivi del lato orientale. E’ anche in relazione a queste caratteristiche che la zona viene utilizzata dall’aquila reale, trovando condizioni idonee sia alla costruzione del nido che all’attività di caccia.

L’Alta Via prosegue sul versante di Zeri

Dall’Aia del Marchese si continua l’Alta Via, che qui prosegue in direzione est scendendo sino ad incontrare la strada sterrata. Prendendo la strada in direzione sud (opposta alla direzione dell’Alta Via) si torna direttamente al Passo del Rastello, realizzando un perfetto anello.